Il filo infinito

Paolo Rumiz
Feltrinelli, Milano 2019


I benedettini non sono un ordine, ma un disordine democratico.”

Paolo Rumiz, viaggiatore e scrittore come ama definirsi, compie questo viaggio attraverso i monasteri benedettini alla ricerca di quella identità europea spesso tradita dalle stesse istituzioni che dovrebbero difenderla. Lo fa sull’onda di una premonizione, quando vede la statua del Santo in piedi in mezzo alle rovine della sua Norcia, distrutta dall’ennesimo terremoto che scuote da secoli le terre dell’Appennino italiano.
Da quell’Appennino parte la storia delle Abbazie, parte la storia di Benedetto che detta una regola universale di preghiera e lavoro, e si fa carico lui e la regola stessa, di ricostruire con un filo sottile ma lunghissimo, un continente distrutto dalla caduta dell’Impero romano, un continente percorso da violenze e migrazioni di massa, guerre e abbandono, invaso da ben altri stranieri che non vi erano giunti scalzi e affamati su barconi di fortuna, ma armati e violenti, saccheggiando e distruggendo ogni cosa: ed è proprio nel momento peggiore, che Benedetto pone i semi per la rinascita, attraverso quelle isole tutt’altro che chiuse in sé stesse che erano le abbazie, dove i monaci rimettevano insieme i cocci di una vita civile offrendo il proprio esempio di vita in comune basata sull’ascolto dell’altro e sulla organizzazione democratica della propria struttura, ricomponendo e dando nuova vita ad un territorio abbandonato, recuperando e facendo rivivere la cultura classica, accogliendo gli altri senza distinzione di religione, e compiendo alla fine il miracolo di cristianizzare e rendere mansueti quelle masse distruttrici che vagavano per l’Europa.

Un miracolo di preghiera e lavoro: dal monastero femminile di Viboldone in Lombardia perché la “grandezza dei benedettini è stata l’aver capito la dimensione plurale del nostro mondo”, alle vigne di Lagrein e Sankta Magdalener che cingono il Monastero di Muri Gries in Tirolo, perché il pane e il vino danno conforto a contadini affamati e stupiscono soldati stranieri e l’esempio della regola passa anche attraverso una tavola comune. La mappa delle vigne storiche europee segue quella dei conventi, e l’Europa è una terra essenzialmente lavorata dove a differenza dell’Africa e dell’Asia non è possibile distinguere la natura dall’opera dell’uomo: come anche la storia della birra che dall’antico Egitto passa attraverso il nostro Appennino fino a giungere ai conventi benedettini di Belgio e Germania.
Il Monastero di San Gallo con la biblioteca che reca sull’ingresso la scritta PSICHE IATREION, farmacia dell’anima, e custodisce antiche e preziose pergamene che emanano un odore di natura, un odore di pecore belanti, che ci parla ancora una vola della forza delle origini benedettine, del loro rapporto stretto con la natura; o a Citeaux, l’antica Cistercium dove tutto era rinato all’inizio del secondo millennio e dove l’architettura insegue la propria bellezza sottraendo e non aggiungendo, fino a giungere alla remota Pannonhalma ai confini dell’Europa, nell’Ungheria dove nuovi nazionalismi ripropongono lo schema della Cortina di ferro con i paesi dell’ex blocco sovietico che, paradossalmente, tengono sotto scacco l’Europa.

Approdato nell’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, Rumiz riannoda i fili del suo andare, che è stata ed è una riflessione sull’Europa, sulla speranza sbiadita che deve rianimare nelle sue genti, sulla possibilità che anche in questo momento di forte crisi, non si dimentichi l’utopia di Benedetto, di un continuo inizio anche nelle più amare difficoltà:
“…l’Europa è un’anomalia democratica che dà fastidio. Basta guardare le mappe per capire che in tanti vorrebbero toglierci di mezzo. Sono riuscito persino a spiegarlo ai bimbi delle elementari. Ho disegnato loro l’Europa sulla lavagna con intorno i pericoli che la minacciano. A nord, le lusinghe di Putin. A est, il focolaio mai spento dei Balcani e dell’Ucraina, i reticolati, i nazionalismi etnici, le mire della Cina. A ovest, i dazi di Trump, l’autolesionismo di Brexit, la Catalogna. A sud, il mare dei naufraghi, l’islamismo violento, le dittature, la guerra, le bombe sui civili. Mai nella storia abbiamo avuto tanti problemi in comune, ho detto ai piccoli scolari. Poi ho chiesto: ‘In mezzo a tutto questo, voi cosa fate? Restate uniti o vi dividete?’. ‘Uniti, uniti!’ hanno gridato. Lo capiscono anche i bambini.”
orlando di marino

 
 
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