In viaggio con Erodoto

Ryszard Kapuściński
Feltrinelli, Milano 2005


“Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e praticamente non finisce mai, dato che il nastro della memoria continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. E’ il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile.”
La memoria è una grande compagna di viaggio, forse la molla stessa che ci spinge a viaggiare. La memoria è la qualità principale di Erodoto, una memoria enciclopedica che, avida, accumula notizie, storie, raccolte parlando con altri uomini in un tempo in cui non esistevano archivi, né vi era mai stato chi avesse fino ad allora pensato di restituire tutto ciò in un libro, quel libro che sarà invece l’archetipo di ogni storia raccontata.

Viaggiatore instancabile è stato Kapuściński grande narratore degli uomini e delle loro storie attraverso mezzo secolo di vita trascorso come corrispondente della agenzia di stampa polacca in giro per il mondo, dal primo viaggio in India nel 1956, dove riesce a dare un senso alla propria tensione di “varcare la frontiera”, per passare poi in Cina, Africa, America Latina. In tutti questi viaggi, lo scrittore si muove con un compagno inseparabile, molto singolare, un libro che porta sempre con sé, le Storie di Erodoto. Con questo libro instaura un dialogo incessante, infinito: legge e rilegge le storie raccontate, riflette sulla moltitudine di uomini e donne descritte, comprende attraverso essi alcune “leggi” fondamentali che informeranno il proprio lavoro di reporter, e quanto per esso sia importante viaggiare, conoscere, inseguendo Erodoto e la sua “ottimistica convinzione, in cui noi moderni non crediamo più, che il mondo si possa descrivere.”

I fatti che popolano le pagine delle Storie sono narrati in seconda persona, e dunque non seguendo un metodo storico come verrà in seguito codificato che parte da una indagine serrata sulle fonti: è una storia raccontata, ricca di “a quanto narrano”, “a quanto si dice”, un fattore che non toglie forza e importanza al racconto: è la storia narrata di come la gente creda sia andata, che rimanda ad un concetto della diversità dei punti di vista sulla storia stessa, che spinge a declinarla sempre al plurale. Ma cosa muove la storia? Che sia la regina dei massageti Tomiri che si vendica crudelmente di Ciro il Grande o dall’eunuco Ermotimo del suo aguzzino Panonio, a far la storia è il nesso ineludibile tra il delitto commesso e il castigo che ne consegue e che se il mondo si muovesse secondo dati razionali e logici, le storie nemmeno esisterebbero.
Ma soprattutto a colpire Kapuściński è il portato più importante dell’intero racconto di Erodoto, ossia il concetto della molteplicità del mondo, che ci invita a non sentirci al centro dello stesso: viaggiare ci spinge a relativizzare, a considerare che non siamo soli e che vi sono altre identità da conoscere e con cui confrontarsi e attraverso le quali definire meglio anche la propria.

“Erodoto, infatti, va alla scoperta dei suoi mondi con l’entusiasmo e la passione di un bambino. La sua scoperta principale è che i mondi sono molti.
E tutti diversi.
Che sono tutti importanti e che bisogna conoscerli, poiché le altre culture sono specchi che riflettono la nostra, permettendoci di capire meglio noi stessi. E’ impossibile definire la propria identità finché non la si è confrontata con le altre.
Ecco perché Erodoto, dopo aver scoperto la cultura degli altri come specchio nel quale rifletterci per comprenderci meglio, ogni mattina, instancabilmente, torna a rimettersi in viaggio.

orlando di marino


 
 
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